La piccola fonte: Dramma in quattro atti
Roberto Bracco
Roberto Bracco
La piccola fonte: Dramma in quattro atti
В В В В a Matilde Serao
Signora,
la vostra sensibilità di grande interprete dell'anima vi ha messa in diretta e immediata comunione coi miei personaggi, sicchè voi avete scritto di questa opera mia con quello stesso fervore spirituale che, facendo passare l'altrui vita a traverso il vostro temperamento, crea le palpitanti opere vostre. Scrivendo de La piccola fonte, voi, quasi per iscusarvi presso i vostri lettori d'una effusione che non vi consentiva un'analisi molto minuta del mio lavoro, avete dichiarato di non possedere le fredde ragioni della critica. Ma io credo che la chiaroveggenza della critica debba essere fatta, soprattutto, di sensibilità profonda. E, invero, nella prosa, con cui voi avete legato, dopo la rappresentazione di Napoli, il vostro nome illustre a una delle più liete vicende del mio dramma, sono condensati i pensieri, le impressioni e le ragioni dei critici che meglio mi hanno compreso. In voi come in loro i segni sintetici e significativi, che io ho sostituiti alla prolissità del metodico e formale svolgimento psicologico, da cui sono deturpate così spesso le visioni dell'arte, hanno avuto il potere di determinare quella virtù di penetrazione, che è il principio d'ogni più vivo godimento intellettuale. A voi, come a quei critici, Stefano Baldi non è parso un personaggio inventato da me per ottenere una facile vittoria contro i famosi precetti egoarchici, che una moda passeggera ha confusamente divulgati e screditati, ma soltanto è parso uno dei non pochi moderni giovani megalomani, che, miserelli e impotenti, si agitano e declamano inseguendo una chimera e che il disquilibrio tra la vanità esuberante e l'ingegno limitato, tra l'egoismo crudele e la debolezza congenita, rende grotteschi, simili a caricature, in mezzo alla società , e talvolta tragici e deleteri nell'intima cerchia degli affetti domestici. Voi, come tutti i critici che mi hanno compreso, contemplando Stefano Baldi, avete sùbito riconosciuto in lui uno di quei pigmei che si guardano in uno specchio d'ingrandimento, uno di quei rachitici che esaltano la crudeltà , l'ambizione, l'estetica della forza, il diritto della conquista, il culto della grandezza, e che poi traballano e tramazzano annientati al primo urto. E come tutti i critici che mi hanno compreso, voi, restando nell'à mbito della mia concezione, non vi siete occupata del personaggio di Stefano Baldi se non per il significato di correlazione ch'esso ha accanto alla mia Teresa. Voi, Signora, avete scritto che tutte le verità morali formanti la coscienza del mio dramma emanano da Teresa, «da questa creatura patetica, capace di fare il bene anche con la sua morte». Voi avete scritto che la morale bellezza dell'opera mia «è racchiusa in quell'anima muliebre», e la vostra fantasia gentile si è piaciuta di avvicinarla «alle più pure e soavi anime del teatro, da Ifigenia a Desdemona». Voi avete saputo vedere che intorno a lei, intorno alla «piccola fonte», si stringono, in armonia o in antitesi, tutti gli altri personaggi del dramma. Voi non avete dubitato che da quella piccola fonte – per una realtà flagrante, che pur sembra un prodigio, perchè nessuna indagine può precisarne gli elementi e nessun linguaggio può definirla – sgorghi l'acqua salutare di cui Stefano disconosce il beneficio e di cui Valentino, deforme, negletto e rassegnato, sugge furtivamente qualche goccia in una specie di estasi che solleva dalla miseria quotidiana la sua povera esistenza. Voi avete intuita l'affinità che unisce tra loro Teresa, Valentino, e il Vecchio marinaio mendicante – ingenuo rapsodo della saggezza e del fato – , i quali sono tre anelli della eterna e tenace catena di umile e dolorosa bontà che sostiene il mondo squassato dalla superbia, dalla tracotanza e dalla perversità . E voi avete, infine, intuìto il segreto dell'estremo sagrifizio che la dolce Teresa, nella sua veggente follia, compie sparendo in quel mare di cui il mendicante ver