Ottavia
Vittorio Alfieri
Ottavia
ATTO PRIMO
SCENA PRIMA
Nerone, Seneca
Seneca
Signor del mondo, a te che manca?
Ner.
Pace.
Seneca
L'avrai, se ad altri non la togli.
Ner.
Intera
l'avria Neron, se di abborrito nodo
stato non fosse a Ottavia avvinto mai.
Seneca
Ma tu, de' Giulj il successor, del loro
lustro e poter l'accrescitor saresti,
senza la man di Ottavia? Ella del soglio
la via t'aprГ: pur quella Ottavia or langue
in duro ingiusto esiglio; ella, che priva
di te cosГ, benchГ© a rival superba
ti sappia in braccio, (ahi misera!) ancor t'ama.
Ner.
Stromento giГЎ di mia grandezza forse
ell'era: ma, stromento de' miei danni
fatta era poscia; e tal pur troppo ancora
dopo il ripudio ell'ГЁ. La infida schiatta
della vil plebe osa dolersen? osa
pur mormorar del suo signor, dov'io
il signor sono? – Omai di Ottavia il nome,
non che a grido innalzar, non pure udrassi
sommessamente infra tremanti labra,
mai profferire; – o ch'io Neron non sono.
Seneca
Signor, non sempre i miei consigli a vile
tenuto hai tu. Ben sai, com'io, coll'armi
di ragion salde, arditamente incontro
al giovanile impeto tuo mi fessi.
Biasmo, e vergogna io t'annunziava, e danno,
dal repudio di Ottavia, e piГє dal crudo
suo bando. In cor del volgo addentro molto
Ottavia ГЁ fitta: io tel dicea: t'aggiunsi
che Roma intera avea per doni infausti
di Plauto i campi, e il sanguinoso ostello
di Burro, a lei sГ feramente espulsa
con tristo augurio dati: e dissi…
Ner.
Assai
dicesti, è ver; ma il voler mio pur festi. —
Forse il regnar tu m'insegnavi un tempo,
ma il non errar giammai, nГ© tu l'insegni,
nГ© l'apprend'uomo. Or basti a me, che accorto
fatto m'ha Roma in tempo. Error non lieve
fu l'espeller colei, che mai non debbe,
mai stanza aver lungi da me…
Seneca
Ten duole
dunque? ed ГЁ ver quanto ascoltai? ritorna
Ottavia?
Ner.
SГ.
Seneca
PietГЎ di lei ti prese?
Ner.
Pietade?.. SГ: pietГЎ men prese.
Seneca
Al trono
compagna e al regal talamo tornarla,
forse?..
Ner.
Tra breve ella in mia reggia riede.
A che rieda, il vedrai. – Saggio fra' saggi,
Seneca, tu giГЎ mio ministro e scorta
a ben piГє dubbie, dure, ed incalzanti
necessitГЎ di regno; or, men lusingo,
tu non vorrai da quel di pria diverso
mostrarmiti.
Seneca
Consiglio a me, pur troppo!
cher tu suoli, allor che in core hai ferma
giГЎ la feral sentenza. Il tuo pensiero
noto or non m'ГЁ; ma per Ottavia io tremo,
udendo il parlar tuo.
Ner.
Dimmi; tremavi
quel dГ, che tratto a necessaria morte
il suo fratel cadeva? e il dГ, che rea
pronunziavi tu stesso la superba
madre mia, che nemica erati fera,
tremavi tu?
Seneca
Che ascolto io mai? l'infame
giorno esecrando rimembrar tu ardisci? – Entro
quel sangue tuo me non bagnai;
tu tel bevesti, io tacqui; ГЁ ver, costretto
tacqui; ma fui reo del silenzio, e il sono,
finch'io respiro aura di vita. – Ahi stolto,
ch'io allor credetti, che Neron potria
por fine al sangue col sangue materno!
Veggo ben or, ch'indi ha principio appena. —
Ogni nuova tua strage a me novelli
doni odГosi arreca, onde mi hai carco;
nГ© so perchГ©. Tu mi costringi a torli;
prezzo di sangue alla maligna plebe
parran tuoi doni: ah! li ripiglia; e lascia
a me la stima di me stesso intera.
Ner.
Ove tu l'abbi, io la ti lascio. – Esperto
mastro sei tu d'alma virtГє: ma, il sai,
ch'anco non sempre ella si adopra. Intatta
se a te serbar piacea l'alta tua fama,
ed incorrotto il cor, perchГ© l'oscuro
tuo patrio nido abbandonar, per questo
reo splendore di corte? – Il vedi: insegno
io non Stoico a te Stoico; e sГ il mio senno,
tutto il deggio a te solo. – Or, poiché tolto
ti sei, quГ, stando, il tuo candor tu stesso;
poichГ© di buono il nome, ov'uom sel perda,
mai nol racquista piГє; giovami, il puoi.
Me giГЎ scolpasti dei passati falli;
prosiegui; lauda, e l'opre mie colora;
ch'ГЁ di alcun pes